Mamme in blu
E’ comprensibile che le madri nei primi tempi di vita del figlio non siano del tutto serene. Molte dichiarano di sentirsi stanche, svuotate, schiacciate dalle responsabilità, con una sensazione di mancanza d’aria, soprattutto con il primo figlio:
Non so più in che giorno siamo, Non so quanto tempo ho dormito. Possono soffrire di una sorta di alterazione del tempo: giornate lunghissime ma nello stesso tempo troppo brevi, intensissime ma anche monotone.
Le emozioni sono forti, le abitudini stravolte, non stupisce perciò che le neo mamme si sentano sopraffatte da sentimenti di vario segno tra cui paura, rifiuto, rabbia e soprattutto ambivalenza: Sei una creatura meravigliosa ma mi mangi l’anima, Desidero essere una buona madre ma che ne sarà di me come donna? Il mio lavoro? La mia sessualità?
Molte neo mamme raccontano i loro sogni, se hanno la fortuna di poterlo fare in presenza di chi ascolta e non giudica, all’insegna di una sana ambivalenza. Sogni preziosi, liberatori, che permettono di attraversare emozioni tanto umane quanto indicibili, come sentirsi costrette a far del male al bambino.
Molti sono i casi di depressioni post partum, legate alla caduta di alcuni ormoni, che talvolta possono sfociare in vere e proprie psicosi e condurre a gesti estremi. Si parla anche di babies blues, stati d’animo a sfondo più melanconico. Per prevenire questi più o meno gravi malesseri stanno nascendo in alcune strutture gruppi di sostegno per le mamme in blu.
Prima e subito dopo la nascita si può riconoscere nelle donne una particolare “trasparenza psichica”, come se le trasformazioni della gravidanza avessero reso più espliciti i desideri e i conflitti, riattivando profonde emozioni risalenti all’infanzia: si può provare una nuova solidarietà con i propri genitori o invece sentirsi particolarmente critici nei loro confronti; talvolta si riesce a fare pace con loro.
Con mia madre c’è sempre stata una grande distanza. Ora con il bambino le cose stanno pian piano cambiando: mi fa piacere quando lo guarda in silenzio seduta vicino alla culla, forse qualcosa si sta sciogliendo in lei e anche in me nei suoi confronti, dice una figlia che si è sempre lamentata del rapporto con i genitori.
E un figlio racconta: Essere diventato padre è stato un vero e proprio giro di boa nel rapporto con mio padre. Lo prendo per quello che è, ho smesso di chiedergli ciò che non mi ha dato e forse non mi potrà mai dare. Io spero di poter essere diverso con mio figlio.
La vita psichica di ciascun bambino è aperta alla generazione dei nonni attraverso i vecchi sentieri percorsi dai genitori: il proprio albero della vita mette radici in una terra disseminata di antichi conflitti che, se accessibili, consentono di crescere. Dare la vita si basa quindi su un doppio registro: una ripetizione, ma anche un apporto originale di ogni bambino, letteralmente neo nato.
Molte madri all’inizio del loro viaggio con la nuova creatura sono particolarmente vulnerabili oltre che smarrite. Appena l’ho guardato negli occhi la prima volta ho formulato dentro di me un’angosciata richiesta: datemi il libretto delle istruzioni! È come se stessi vivendo un’esperienza onirica e surreale: mi sento un po’ persa. Una vertigine: la prima scelta davvero irreversibile della mia vita.
Se le è difficile accogliere e dare un senso alle forti emozioni che ingombrano le neo mamme e attendere con pazienza che si chiariscano, esse faticheranno a ospitare dentro di sé le emozioni del loro bambino, nominarle e renderle più sopportabili. Riuscire a calmare il proprio piccolo svolge anche la funzione di rassicurare la madre nella sua identità. Comunicare ai bambini la fiducia di poter superare l’agitazione, la rabbia e la solitudine senza esserne travolti è infatti uno dei compiti più importanti dei genitori. Ma per primi i genitori stessi devono essere aiutati a mantenere una scorta sufficiente di questa fiducia: così da entrambe le parti si scoprirà che si sopravvive a questi momenti e che l’amore rimane.
(da “A ciascuno la sua. Racconti e ritratti di famiglie”)