Gratitudine

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Durante l’infanzia e a maggior ragione nell’adolescenza, non a caso chiamata l’età ingrata, i figli possono sperimentare di rado un sentimento di gratitudine nei confronti dei genitori: esso può nascere solo nel momento in cui non ci sono più conti in sospeso, troppa dipendenza o paura di uno stato di necessità, né tanto meno confitti aperti o un costoso bisogno di compiacenza.

Dire grazie è possibile solo quando il clima è cambiato e non ci sono strascichi pesanti di tempeste precedenti. Si diventa davvero grandi quando si riesce a provare gratitudine per ciò che si è ricevuto e anche a perdonare fino in fondo le presunte colpe dei genitori: ciò può accadere molto tardi nella vita, a volte addirittura quando i genitori non ci sono più. E’ un sentimento reciproco, perché dal canto suo il genitore che ha deposto aspettative eccessive può soffermarsi a gustare sensazioni e sentimenti e guardare con una sana distanza il figlio che trova un suo posto nella vita: Il rapporto con mia figlia è bello e gliene sono grata. Riesco a non ricordarmi quasi più gli anni duri in cui ce l’aveva con il mondo intero. Mi godo la splendida donna che è diventata.

La gratitudine è l’ultima tappa del lungo processo di separazione e di autonomia che porta sia i figli che i genitori a diventare soprattutto, se non completamente, genitori di se stessi. Vi è dapprima una fase ambivalente: i figli a volte fanno passi più lunghi della gamba col risultato di attaccarsi ancora di più ai genitori perché vogliono verificare che in caso di bisogno siano ancora lì. Poi si misurano davvero, si contrappongono ed è necessario che ci sia qualcuno che accetti di essere l’antagonista: a volte scalciano e serve una roccia resistente. C’è poi il momento del vero e proprio lutto dove circolano la nostalgia e i sensi di colpa per i nuovi sentimenti che si provano verso i genitori. Più avanti, quando un figlio si è maggiormente individuato rispetto alla madre e al padre, può interiorizzarne alcuni aspetti che ammira. Può chiedere consigli e ascoltare la loro esperienza senza paura di perdere la propria.

(daA ciascuno la sua. Racconti e ritratti di famiglie”)