Se non raccontiamo a nessuno le nostre cose, le dimentichiamo

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Nel 2013 esce “Lunch box”, un film diretto da regista indiano, Ritesh Batra. Un “buon” film, da gustare, che parla di relazioni che si “nutrono” di piccoli scambi buoni, di sapori sapientemente e attentamente combinati.
Il protagonista maschile, solo e chiuso a se stesso e agli altri, viene sorpreso da una piccola novità nella sua routine quotidiana: un pasto recapitatogli per errore, preparato con amorevole cura da una donna per riconquistare il proprio marito.

Per l’uomo, Saajan, è l’inizio di un risveglio dell’interesse e del gusto per la vita e per gli altri: verso la donna sconosciuta che gli manda cibo e parole gentili, verso il giovane apprendista cui deve insegnare il mestiere prima di ritirarsi in pensione, verso i bambini che giocano davanti alla sua casa facendo finire immancabilmente il pallone nel suo cortile.
La donna, Ila, con il sostegno e la complicità di una zia che le suggerisce le ricette, riscopre il piacere di essere apprezzata, di offrire e condividere a piccole dosi sapori e racconti personali.

La cosa più straordinaria è che parlando di sè all’altro, scoprendo l’altro, i protagonisti scoprono anche se stessi, come stupendamente rappresentato dalla scena in cui l’uomo si accorge che in un quadro dipinto da un artista di strada c’è anche lui, mentre cammina proprio su quella stessa strada.

“Se non raccontiamo a nessuno le nostre cose, le dimentichiamo”, comprende ad un certo punto Saajan, riscoprendo memorie sepolte in lui insieme alla moglie defunta, facendo riemergere nello scambio con Ila ricordi e parti di sè desiderose e vitali.

Una bella analogia con la psicoterapia, narrazione per eccellenza che si fa di sè ad un’Altro, attento, discreto, presente, testimone e promotore di una piccola ma importante possibilità di rinascita.

Autore: Dott.ssa Angela Sorrenti